
Immagina di dover raccontare la storia della tua azienda a un pubblico internazionale. Per farti capire davvero, avresti bisogno di una lingua comune, che ti permetta di comunicare in modo chiaro e comprensibile a tutti.
Ecco, con il bilancio di sostenibilità succede la stessa cosa.
Non basta mettere insieme numeri, iniziative e buone pratiche: serve un linguaggio condiviso, fatto di regole e criteri riconosciuti, che permetta a chi legge, clienti, partner, istituzioni, investitori, di capire davvero cosa sta facendo l’azienda e confrontarla con le altre.
Qui entrano in gioco gli standard di rendicontazione: strumenti che aiutano le imprese a raccontare la propria sostenibilità con trasparenza, coerenza e comparabilità.
Perché servono gli standard?
Redigere un bilancio di sostenibilità senza uno standard condiviso sarebbe un po’ come scrivere un diario personale: utile per chi lo compila, ma difficile da leggere e interpretare per gli altri.
Ogni azienda potrebbe decidere cosa raccontare e come farlo, scegliendo liberamente quali dati inserire e quali tralasciare. Il risultato? Documenti incomparabili, poco trasparenti e, spesso, di dubbia credibilità.
Gli standard di rendicontazione servono proprio a questo: trasformano il racconto in un linguaggio comune. Grazie a criteri chiari e riconosciuti, consentono di:
● Dare credibilità al bilancio: chi legge sa che i dati sono raccolti e presentati seguendo regole precise.
● Rendere le informazioni confrontabili: investitori, clienti o istituzioni possono valutare diverse aziende con parametri omogenei.
● Garantire trasparenza e coerenza: il bilancio diventa uno strumento di fiducia, non solo di comunicazione.
● Guidare l’impresa dall’interno: non è solo un documento per l’esterno, ma anche un metodo per misurare, migliorare e orientare le strategie.
Ma quindi, quale standard scegliere?
La risposta non è uguale per tutti: dipende dalla dimensione, dal settore, dai mercati in cui si opera e dalle risorse a disposizione. Nei prossimi capitoli analizzeremo i tre più importanti: ESRS, GRI e VSME.
ESRS: lo standard europeo
Con l’arrivo della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), l’Unione Europea ha deciso di creare un linguaggio unico e obbligatorio per le grandi imprese: gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards).
Questi standard sono stati pensati per garantire uniformità a livello europeo, così che i bilanci di sostenibilità siano chiari, completi e soprattutto comparabili tra aziende e settori diversi.
Cosa caratterizza gli ESRS?
● Sono dettagliati e rigorosi, coprono tutte le aree ESG (ambiente, sociale e governance) e richiedono dati puntuali.
● Hanno un approccio basato sulla doppia materialità: non solo come l’azienda impatta sull’ambiente e sulla società, ma anche come i fattori ambientali e sociali impattano sull’azienda stessa.
● Sono obbligatori per le grandi imprese europee e per quelle quotate nei mercati regolamentati.
Per molte aziende, l’adozione degli ESRS rappresenta una sfida: raccogliere e organizzare tutte le informazioni richieste richiede tempo, competenze e strumenti adeguati. Ma allo stesso tempo è anche un’opportunità per fare ordine, strutturare meglio i processi interni e mostrare serietà verso gli stakeholder.
In altre parole, gli ESRS sono la cornice ufficiale del bilancio di sostenibilità in Europa: rigorosa, impegnativa, ma fondamentale per chi vuole (o deve) essere credibile sul mercato europeo.
GRI: lo standard globale
Nati alla fine degli anni ’90, i GRI sono oggi il framework di rendicontazione più diffuso a livello internazionale, utilizzato da migliaia di imprese in oltre 100 Paesi. La loro forza sta nella capacità di fornire un metodo chiaro, ma allo stesso tempo flessibile, che permette a ogni azienda di raccontare la propria sostenibilità in modo coerente e confrontabile.
Le caratteristiche principali dei GRI
● Si basano sul principio della materialità: ogni azienda deve individuare i temi davvero rilevanti per sé e per i propri stakeholder, evitando di disperdersi in dati poco significativi.
● Sono modulari e adattabili: si può partire da alcuni indicatori e ampliare il perimetro con il tempo.
● Sono riconosciuti a livello globale: questo li rende ideali per chi opera con partner internazionali o vuole dialogare con investitori stranieri.
A differenza degli ESRS, i GRI non nascono da un obbligo normativo (anche se possono integrarsi bene con essi), ma da una logica di volontarietà e trasparenza.
VSME: la porta d’ingresso per le PMI
Non tutte le aziende sono grandi multinazionali con bilanci complessi e team dedicati alla sostenibilità. Molte sono piccole e medie imprese, che ogni giorno devono bilanciare risorse limitate, clienti esigenti e mercati sempre più competitivi.
Per loro, affrontare un bilancio di sostenibilità con gli stessi strumenti delle big company può sembrare una montagna insormontabile.
Proprio per questo è nato il VSME (Voluntary SME Standard): un modello pensato appositamente per le PMI, semplice, snello e proporzionato alle loro esigenze.
Cosa rende il VSME diverso?
● È volontario, quindi non imposto da obblighi normativi, ma scelto da chi vuole avviare un percorso di rendicontazione credibile senza farsi sopraffare dalla burocrazia.
● È più leggero degli standard come ESRS o GRI, con indicatori mirati che non richiedono raccolte dati troppo onerose.
● È propedeutico: rappresenta un buon primo passo per chi, in futuro, potrebbe trovarsi a dover adottare standard più complessi.
In questo senso, il VSME è come una porta d’ingresso: permette alle PMI di iniziare a comunicare la propria sostenibilità in modo strutturato, senza sentirsi escluse o sopraffatte da standard troppo tecnici.
Quale scegliere?
Non esiste una scelta giusta per tutti. Quello che conta davvero è non improvvisare: scegliere lo standard più adatto significa darsi regole chiare, valorizzare i propri punti di forza e comunicare con credibilità.
Gli standard sono fondamentali, ma non sono il fine ultimo. Sono strumenti: bussola, dizionario e cornice. Servono a dare forma a un racconto, ma la sostanza dipende sempre dall’azienda che scrive la propria storia.
Un bilancio di sostenibilità, che sia redatto secondo gli ESRS, i GRI o il VSME, deve essere prima di tutto onesto, coerente e trasparente. Perché non c’è standard che tenga se dietro i numeri non c’è un impegno reale.
Alla fine, ciò che conta non è solo “quale standard” utilizzi, ma quanto sei capace di trasformare i tuoi impegni in valore reale per le persone, l’ambiente e il territorio. È questa la vera lingua della sostenibilità: quella che non ha bisogno di traduzioni, perché parla la lingua universale della fiducia.
Questa rubrica è realizzata in collaborazione con QSA, società di consulenza che da oltre venticinque anni affianca le imprese nel loro percorso verso la sostenibilità.