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Intervista a Federico Comini Cooperativa Sociale Le Rais
Cooperare è il valore vincente per tutti. Federico Comini è presidente della Cooperativa Sociale Le Rais che dal 2018 insieme ad un team di psicologi e educatori lavora nel territorio della Val di Fiemme e Val di Fassa. La Cooperativa si occupa di educazione, psicologia, giovani e impresa sociale, e accompagna persone fragili verso il mondo del lavoro.
Federico Comini è presidente della Cooperativa Sociale Le Rais che dal 2018 insieme ad un team di psicologi e educatori lavora nel territorio della Val di Fiemme e Val di Fassa. La cooperativa si occupa di educazione, psicologia, giovani e impresa sociale, e accompagna persone fragili verso il mondo del lavoro.
- Perché la vostra Cooperativa si chiama Le Rais?
"Rais” è una parola del dialetto della Val di Fiemme che significa “radici”. Abbiamo scelto questo termine perché siamo una cooperativa di soci nati e cresciuti in Val di Fiemme e in Val di Fassa, e ci sentiamo ben radicati nel nostro territorio. Dopo aver studiato e fatto esperienze fuori regione, abbiamo sentito la voglia di tornare alle nostre radici e riportare tutta la nostra conoscenza per poi decidere di fondare una cooperativa sociale.
- Come è nato questo progetto?
Siamo psicologi ed educatori. Abbiamo fatto esperienze di vario tipo lontani da casa durante gli anni di studio e le prime esperienze di lavoro. Quando siamo tornati in Val di Fiemme e Fassa ci siamo resi conto che alcuni servizi qui non erano presenti. In particolare posso citare l’esperienza che ho vissuto durante un tirocinio nel nord della Spagna, in Galizia, presso una scuola basata sull’integrazione e inclusione sociale. Per me la voglia di fondare il mio lavoro sul valore dell’inclusione sociale è nata proprio da lì.
- Ora è il presidente della Cooperativa Le Rais, ci può dire cosa significa essere parte di questa cooperativa e cosa essa rappresenta per il territorio della Val di Fiemme?
Nella carriera di psicologo si tende a lavorare in modo molto individuale; si trascorre molto tempo chiusi nello studio, facendo le consulenze e seguendo terapie quasi sempre relazionandosi con le persone individualmente. Essere parte di questa cooperativa invece ti da l'opportunità di rafforzare il senso di condivisione e del valore dello stare insieme. Possiamo confrontarci costantemente con gli altri, sia professionisti che soci, arricchendoci attraverso queste esperienze di interazione. Inoltre il nostro progetto più innovativo che ha il cuore nel sociale è quello di includere le persone con disabilità o fragilità sociali in modo che possano realizzarsi professionalmente e anche di fare cultura dell’inclusione perché alcune nostre attività sono aperte al pubblico e quindi interagiamo con la nostra comunità. Chi viene da noi viene immerso in questo ambiente.
- Vi occupate del settore educativo, di integrazione sociale e turismo. Quali sono i valori che guidano la Cooperativa?
I valori fondamentale della nostra Cooperativa sono la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Per esempio: non vendiamo acqua in bottiglia, perché nuoce all’ambiente e inoltre è un bene che dev’essere gratuito per tutti. Per quanto riguarda il sociale, ci assicuriamo che tutti vengano retribuiti equamente perché ognuno e unico nelle sue capacità. Prediligiamo un commercio equo e solidale per la provenienza dei prodotti che utilizziamo, tutte le bevande provengono del Trentino-Alto Adige che è una regione che sa fare i prodotti.
- Avete recentemente preso in gestione l’Albergo Stella. Cosa vi ha spinti ad investire nel turismo dopo questi ultimi anni che hanno visto questo settore soffrire particolarmente?
Noi abbiamo iniziato con progetti di turismo sociale nel 2019, prendendo in gestione la casa per Ferie a Pozza di Fassa. Ci siamo subito accorti di quanto ricco poteva essere un progetto di questo tipo dato che lavorare nel turismo e accoglienza per le persone fragile significa creare un ambiente inclusivo perché il mondo viene da noi: i ragazzi sono obbligati a interagire con il mondo e il mondo è obbligato a interagire con loro. Siamo partiti da questo e abbiamo visto che aveva una certa forza sia dal punto di vista sociale che economico. E per questo che da settembre 2020 con pensieri molto positivi, abbiamo creduto in noi e i dati ci stanno dando ragione. È stato un periodo difficile, però stiamo capendo che effettivamente il progetto è sostenibile. Il bello di avere anche il ristorante è che ci permette di interagire, farci conoscere e creare cultura nella nostra comunità. Abbiamo scelto il turismo in ottica di sostenibilità economica perché l’economia della nostra valle è in gran parte turistica.
- Come si è concluso la campagna di crowdfunding per il progetto “Ristorante Le Rais” e cosa ne pensa di queste iniziative di finanziamento?
Per noi il crowdfunding è stata un'avventura e ci siamo lanciati perché avevamo bisogno di investire e non sapevamo come partire e sostenere gli investimenti iniziali. È stata una bellissima esperienza perché ci siamo accorti quanto queste campagne vanno ben oltre ad avere la funzione del finanziamento perché comunicano e trasmettono valori. Credo sia una forma innovativa e molto bella anche perché c’è un'ottica di scambio: tu fai una donazione e noi ti riconosciamo qualcosa. Nel nostro caso erano i servizi legati al ristorante stesso. Al di là delle aspettative del punto di vista economico abbiamo sentito le persone più vicine e coinvolte.
- Il vostro lavoro, soprattutto in ambito della psicologia, ha subito variazioni durante l'epidemia della Covid? Come l’hanno affrontata le persone con difficoltà di inserimento sociale o dipendenze?
È stato un periodo che ha messo in difficoltà tutti, soprattutto quelli che avevano qualche tipo di fragilità. L’isolamento ha portato meno possibilità di accedere ai servizi e meno interazione sociali. L’arrivo della pandemia, il cambiamento obbligato, ha fatto emergere alcune fragilità o difficoltà anche a persone che magari le avevano nascoste o gestite. Perciò effettivamente il nostro lavoro nel centro psicologico è aumentato e nel periodo di lockdown abbiamo dovuto modificare il metodo. Invece rispetto all’inserimento lavorativo, la Provincia ci ha spinti a portare avanti le attività.
- Avete altri progetti in cantiere e come vedete il futuro della cooperativa?
Dopo tre anni e mezzo che siamo attivi la nostra idea è quella di strutturare e stabilizzare l’attività, migliorare la nostra organizzazione e avere cura dei dettagli. Abbiamo bisogno di concentrarci sulle cose che abbiamo avviato e organizzare il lavoro. L’unico progetto nuovo che abbiamo preso in gestione è quello di un bar sociale. Si chiama Bar Educante a San Giovanni di Fassa e noi facciamo inserimento di persone fragili.
- Cosa significa per lei operare nella Val di Fiemme e interagire con i suoi abitanti? Come descriverebbe con una frase il territorio della Val di Fiemme?
Questa è nostra casa ed è un luogo che ti fa sentire a casa. Quando proponi un nuovo progetto c’è un concetto di comunità, un senso di appartenenza che si sente piuttosto diffuso. Noi da persone locali viviamo la nostra comunità in questo modo, che veramente ci sostiene che ci avvicina.