I tatoo della Val di Fiemme
Dopo anni di lavoro da commesso e fiorista, Franco Giacomelli di Predazzo che ha deciso di seguire il suo sogno e aprire uno studio di tatuaggi assieme a sua moglie. Ecco la sua storia.
- Raccontaci un po’ della vostra esperienza da tatuatori, come avete iniziato?
Dopo la scuola d’arte ho lavorato per dieci anni come commesso, per altri otto come fiorista per una ditta privata, e poi sempre come fiorista part-time per il comune, soluzione, quest’ultima, che mi ha permesso di iniziare a investire parte del mio tempo nella passione che io e mia moglie abbiamo sempre avuto: i tatuaggi.
Nel 2004, proprio durante questo periodo, abbiamo quindi deciso di seguire un corso per tatuatori a Milano e quello sanitario della Provincia di Trento. In seguito, abbiamo avviato l’attività, che dopo qualche anno è diventata la nostra occupazione a tempo pieno. Inizialmente, poiché il nostro appartamento aveva un’entrata separata ed era in regola per esercitare un’attività commerciale, ne abbiamo adibito una parte a studio, ma essendo molto piccolo e con una sola postazione, non potevamo mai lavorare insieme. Dopo qualche tempo, l’attività è cresciuta e ci siamo trasferiti nell’attuale sede, dove abbiamo due postazioni che ci permettono di tatuare in contemporanea.
Quello del tatuatore può sembrare un lavoro insolito in una valle come la vostra, come vi siete inseriti nell’economia del territorio?
All’inizio non ci aspettavamo di avere un gran successo, poi abbiamo capito che in realtà il tabu del tatuaggio, che fino a qualche anno fa resisteva soprattutto nei contesti più rurali, è stato sdoganato ormai ovunque.
Pure le nonne si tatuano, (ride, ndr) per cui, pur stando in valle, il nostro business funziona. Abbiamo tanti clienti fissi, che tornano più volte a farsi tatuare, ma molti vengono anche da fuori. - Come vi siete fatti conoscere al di fuori della valle?
Fin dalla sua prima edizione, abbiamo partecipato alla “Passion Art Tattoo Convention” di Bolzano, che è il punto di partenza da cui iniziare per farsi conoscere meglio. Il mezzo pubblicitario più efficace però, in un business come il nostro, rimane il passaparola. Essendo il tatuaggio un prodotto piuttosto delicato, i clienti preferiscono informarsi bene o affidarsi al consiglio di un conoscente, che magari può mostrargli di persona il nostro lavoro sulla propria pelle e raccontare la sua esperienza. Nel nostro caso, il passaparola è la pubblicità più diretta e sicura. Però, abbiamo dovuto comunque sponsorizzarci, soprattutto all’inizio, ma nel momento in cui ci siamo fatti conoscere un po’ di più, il lavoro è arrivato - e arriva - senza molti sforzi ulteriori. - Immagino che questo vi renda molto orgogliosi del vostro lavoro ciò, ci racconti un po’ più nel particolare la vita del tatuatore?
Siamo davvero orgogliosi, il lavoro è tanto e spesso faticoso. Di giorno tatuiamo e la sera disegniamo, quindi il tempo libero è poco, ma le soddisfazioni tante. L’unico lato negativo che vedo nel mio lavoro è la scarsa possibilità di tatuare ciò che voglio, poiché in quasi tutti i clienti arrivano già con un’idea prestabilita e poche volte mi è capitato di poter disegnare liberamente. In questo senso ci riteniamo più “artigiani” che “artisti”. Rimane però una soddisfazione enorme vedere il tuo lavoro rimanere per sempre sulla pelle di una persona. - Come vedete il futuro della vostra attività e più in generale della vostra professione?
Non ci riteniamo degli imprenditori nel senso corrente del termine. Facciamo ciò che ci piace e lo faremo finché non saremo stanchi, oppure fino a quando non ci sarà più opportunità di lavorare. Il tatuaggio ha una storia antichissima fatta di alti e bassi, e spesso è capitato che in diversi periodi storici avesse più o meno successo. Il nostro lavoro dipende quindi, oltre che dalla nostra passione e voglia di mettersi in gioco, dal mercato e più in generale dalla cultura del momento.