“Da domani si cambia vita”! Mai parole furono più vere per descrivere la storia di Danilo e Luisa che, ormai da più di tre anni, gestiscono il ristorante “Le Migole” a Tesero.
“Da domani si cambia vita”! Mai parole furono più vere per descrivere la storia di Danilo e Luisa che, ormai da più di tre anni, gestiscono il ristorante “Le Migole” a Tesero. Ecco la loro storia.
- Allora Danilo, com’è iniziata questa avventura?
Tutto nasce dal mio amore per il mondo culinario che ho sempre cercato di coltivare come passione parallela ai miei passati lavori. Ho imparato da “privatista”, per conto mio, e non frequentando scuole dedicate o percorsi simili, ma ogni volta che invitavo i miei amici a casa mi veniva fatta sempre la solita domanda: “Quando comincerai a fare il cuoco?”. Devo dire che per molto tempo ho risposto che un simile lavoro fosse troppo impegnativo per me ma, visto ciò che siamo riusciti a raggiungere in così poco tempo, posso dire che alla fine avevano ragione loro!
- Quindi il ristorante ha pochi anni di vita?
Abbiamo iniziato questo progetto il 4 luglio 2020, in piena epoca lockdown, e abbiamo tenuto duro anche in momenti dove aveva senso porsi degli interrogativi anche piuttosto grossi. Alla fine possiamo dire che ne sia valsa la pena: stiamo avendo dei risultati davvero eccezionali.
- Parli sempre al plurale, Danilo: è un progetto che hai avviato con qualcun’altro?
Ho iniziato quest’avventura con la mia compagna, Luisa. Venivamo entrambi da due lavori completamente diversi, io arredatore per ben 28 anni mentre lei aveva dei negozi di articoli regalo a Moena, ma ad un certo punto, ci siamo resi conto di essere stufi delle nostre vecchie attività, così abbiamo deciso di metterci alla ricerca di nuovi stimoli. Ho dovuto fare un po’ di gavetta nella ristorazione in Alto Adige, ma alla fine ci siamo messi in gioco ed abbiamo aperto il locale assieme.
- Un cambio di vita davvero radicale!
Se vuoi puoi leggerla come una piccola follia, anche se alla fine abbiamo ponderato bene ogni singola scelta per prepararci il più possibile. La parte che più ti spaventa è il mettersi in gioco, il “lasciare il comodo per lo scomodo”, soprattutto perché, dopo tanti anni passati in un altro settore, si pensa di non avere più l’energia o le capacità necessarie per un cambiamento così drastico. Dentro di noi, però, sentivamo che quella fosse la scelta giusta e, a conti fatti, ne è valsa davvero la pena. Data la nostra esperienza, il messaggio che mi sento di consegnare a chiunque volesse intraprendere un percorso simile è molto semplice: se vuoi, puoi.
- Ed io penso davvero che più di una persona possa beneficiare degli insegnamenti di questa storia. Cambiando argomento: come siete arrivati alla vostra idea di ristorazione?
Volevo portare all’interno della valle un locale “non consono”, qualcosa che potesse posizionarsi a mezza via tra il ristorante di “alto livello” e il locale “meno impegnativo”, adatto alle belle serate in compagnia tra amici. Abbiamo selezionato una cucina curata, che non richiedesse preparazioni troppo complesse, e l’abbiamo unita ad un piccolo locale che potesse trasmettere un senso d’intimità e di famiglia, tanto da decidere di voler avere solo nove tavoli da servire. La nostra proposta vuole offrire piatti non comuni, nati dall’incontro della nostra tradizione valligiana e della cucina di mia madre con tecniche ed ingredienti provenienti da culture e paesi diversi, in una fusione di sapori che sappiano stupire ed emozionare. Deve essere un gioco: la parola d’ordine è creatività.
- E, da quello che ho capito, l’accoglienza è stata ottima in valle, giusto?
Siamo riusciti, nel giro di pochissimo tempo, a diventare un punto di riferimento proprio grazie all’atipicità di cui ti parlavo prima. Sicuramente all’inizio non è stato semplice spiegare la nostra idea di cucina, ma alla fine la passione e l’impegno quotidiano hanno saputo raccontare al meglio i valori di intimità e creatività alla base di questo progetto.
- Ultimissima domanda: come mai “Le Migole”?
L’idea ci venne durante una serata con un amico dall’appetito prodigioso. Dopo cena c’era il tavolo pieno di briciole e, in maniera bonaria, lo rimproverammo in dialetto per non aver ripulito tutto da cima a fondo. Non essendo trentino, il mio amico trovò il termine “migole”, appunto, briciole così divertente che alla fine decidemmo di battezzare così il nostro locale.